domenica 1 ottobre 2017

La Verità è Facile

Quando sei pronto il percorso diretto comparirà. 
Essere pronti significa essenzialmente che nessuna esperienza del mondo, e nessuna conoscenza ‘esoterica’, ‘magica’, ‘mistica’, sarà più in grado di affascinarti. 
Avrai quella che si chiama divina insoddisfazione, e solo una conoscenza diretta della realtà del Sé, potrà spegnerla.

Hai bisogno di cercare, e affannarti solo per, alla fine, riconoscere che tutto ciò che cercavi era niente di più che un gioco con cui ti intrattenevi. Il solo motivo per cui non la trovi è, a conti fatti, che c’è ancora qualcosa nel mondo che vuoi di più della rivelazione finale.

Ma un giorno capiterà che niente sarà più importante, e nessuna esperienza potrà più riempirti. Allora, forse intraprenderai il percorso diretto con una spinta sincera, perchè più niente potrà frapporsi fra te e la verità.

Per tutti noi arriva un momento in cui ci decidiamo a venire al dunque, e vivere ed essere la Vita Spirituale. Di solito è un’avversità di qualche tipo, riguardante la salute, gli affari, un lutto, la solitudine o la noia, a condurci a questa decisione. Spesso è un qualche tipo di paura. Può essere che semplicemente cediamo alle sollecitazioni degli altri, o all'impulso di una sensazione interiore impalpabile, appunto “la divina insoddisfazione”; ma qualunque sia il motivo della nostra azione, un fatto è certo: la decisione che la provoca è molto personale.

È un’esperienza solitaria che avviene interiormente. Questo lo sai per certo.
Tutti abbiamo scoperto che, dal momento in cui si agisce in base alla decisione di scoprire la Realtà Ultima, si comincia davvero a trovarla. Nell'istante in cui cominciamo sinceramente (e sottolineo sinceramente, senza secondi fini) a ricercare l’Assoluto, il processo continua in maniera spontanea finché la Realtà non è rivelata!

Mettere in atto la decisione di distinguere la verità dalla finzione è un po’ come spingere una canoa in un fiume dove viene subito catturata dalla corrente silenziosa, che fluisce senza sforzo verso un felice e Infinito risveglio. È come piantare un seme in un terreno fertile.

«Sia più specifico, Mr. Samuel! Quale azione è necessaria esattamente? Frequentare una chiesa? Pregare? Guarire? Immolarsi?»

Ecco la risposta: la nostra prima azione è rivolgerci senza sforzo al Sé interiore per ascoltare il Cuore, la parte più profonda di noi. Si tratta di questo. Ed è tutto qui!
Ti sembra una deludente semplificazione? La tua natura erudita si aspettava una rivelazione profonda, una dichiarazione metafisica della ragione e della logica per scuotere l’intelletto? Ti aspetti, come molti, che la Realtà emerga solamente da accecanti bagliori di Luce e Illuminazioni estatiche?

Ecco la Verità disadorna, spogliata dalle astruse coperture intellettualiste dell’ego. 
La Verità è semplice; lo è sempre. 
La Verità è facile e non complicata. La Verità è facile, è amorevole e accessibile senza sforzo. La sua ubicazione non si limita alle grandi biblioteche, né alle università, ai templi e alle cattedrali. La Verità, e le affermazioni sincere che la riguardano, è pura semplicità. La Verità è facile , si trova dentro al cuore, dentro al Sé, qui e ora.
Per anni ci siamo rivolti all’esterno, a insegnanti, guide e libri sacri, quando l’intero universo della Verità è sempre stato dentro di noi. La sua conferma non si trova in nessun altro luogo. Dove si trova? Nel Cuore! Qui! Adesso!

“Inizialmente, il genere umano aspettava la Verità come qualcosa che sarebbe piovuta dal cielo in un momento futuro. In seguito è divenuto chiaro che la si poteva trovare solo nell’interiorità, ma “l’interiorità” era concepita nell’ambito di una mente soggettiva, contenuta e controllata dall’uomo. L’essere umano ha cercato la Verità all’interno dell’intelletto, della propria mente che calcola e ragiona; ma nessuna Sapienza, nessuna Verità, nessuna Realtà deriveranno mai dai pensieri, ragionamenti, progetti, valutazioni, giudizi e opinioni dell’intelletto. La Verità scaturisce invece dall’Identità del Sé.
Quanto è vicina la Verità? Può esistere qualcosa di più vicino del Sé che sei tu? «Il luogo sul quale ti trovi è Suolo Sacro»! Proprio adesso! Fin da ora! Tutto ciò che ci troviamo davanti è l’Adesso!”

William Samuel

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Fonte: link

lunedì 1 maggio 2017

Ops, I Am

La mia verità non è migliore della tua, può essere semplicemente diversa.
Ogni verità che uno ha, andrebbe seguita, esplorata, consumata. Portata al suo naturale compimento.

A quel punto, verrà sostituita o perfezionata da una comprensione più elevata o più profonda, che qui intendo come equivalenti.

Detto questo, tutti tendiamo ad approssimarci verso una verità ultima, assoluta, perchè è la vita stessa che ci porta in questa direzione. Alla ricerca di una risposta, anche nel vissuto, che sia conclusiva, inclusiva, totalizzante.
Oltre la quale non ci sia più niente, da dire, da fare, da realizzare.

Ma non esiste un qualcosa del genere, nei processi lineari della mente ordinaria.
Lì c'è solo un eterno incedere e un eterno domandarsi.
La mente non è fatta per risposte definitive.

E allora che si fa?
Se io cerco la verità assoluta, devo riferirmi all'assoluto.
L'unico assoluto a noi pertinente, è il mio Centro, il mio nucleo.

Non sto parlando di qualcosa di teorico, filosofico o "spirituale", ma del centro esatto, della fonte dalla quale tutto sorge - pensieri, parole, emozioni, sensazioni, percezioni, riassumibile in ultimo in: la coscienza - e tutto ritorna.

Di quel qualcosa che tutto contiene, tutto crea e tutto trascende.
Di quell'immanente che è dappertutto, ma che in ultima analisi noi percepiamo, ed E' solo perchè noi lo percepiamo.

Perché, girala come ti pare, senza di te il mondo non esiste, per te.
E tu sei tutto quello che c'è, dal tuo punto di vista.

Da qui bisogna partire, se si cerca la Verità.
Non c'è altro assoluto, nella pratica, che tu possa vedere.
L'unico assoluto è Chi sta guardando.
La fonte della percezione e di ogni cosa.

Ma tutto è relativo! - potrebbe dire qualcuno.
Si, ma relativo a che cosa? - gli risponderei.

Il nostro punto di riferimento assoluto, la costante, la verità ultima, siamo noi. Il centro di noi stessi.
Ed è così, se analizzi bene la questione, anche logicamente. Non si scappa.

Non c'è esistenza, Dio o esistenza di Dio che non dipenda da questo.
Dal tuo Esserci.
Il mondo si fonda su di te. Nasce, cresce e si evolve a partire da te.
E questo, per forza.
Non è un qualcosa su cui si possa discutere, è lì da vedere.
Per chi ha occhi per vederlo.
Il fuori è il dentro, il dentro è fuori.
E così, qualcuno disse: "Come dentro, così fuori".

Ma questa, in fin dei conti, più che una logica inoppugnabile è un sentire.
Sentire che tu Sei, non lo si insegna sui libri.

E questa, è la sconvolgente cosa che viene chiamata illuminazione, verità ultima, realtà, assoluto.

Ed è così semplice, così ovvio.

Ma è come un'unica pedina del domino che, da sola, regge un castello di pedine immenso, che si erge fino al cielo.

Tolta quella, il castello crolla.

Cosa rimane?

Niente.

Tu.

Che Sei.

Non qualcosa, ma Sei.


Questo è il grande, eterno mistero.

L'unica Verità.

martedì 16 agosto 2016


"Ciò che tu vedi 
Tu non sei"

(Shankara)


Che cosa vuole intendere? 


Non si riferisce solo ai fenomeni esteriori - che pure dipendono dalle "impostazioni" della coscienza -, ma anche e soprattutto a quelli interiori: pensieri, emozioni, sensazioni, percezioni.
Egli vuole riportare l'attenzione sul Soggetto che esperisce, non sugli oggetti esperiti, su ciò di cui viene fatta esperienza.


Il Soggetto, è la chiave di tutto il percorso spirituale inteso come Ricerca e Conoscenza di Sé.
Solitamente, ci si prodiga per cercare di capire, comprendere e conoscere, usando come medium gli strumenti soliti, ovvero quelli familiari menzionati sopra, ma mai si porta mai l'attenzione su "Chi" sta facendo tutto questo.


Quel "Chi" è il testimone, che osserva tutto ciò che si svolge, sullo sfondo della coscienza, dentro e fuori e ci riconduce al semplice senso di Essere, di esistere.
Quel "Chi", E', ma non qualcosa o qualcuno. 
Semplicemente: E'. 
Senza qualificazioni, senza definizioni. 
E' l' "Io Sono". 
Il semplice, chiaro e inequivocabile senso di Essere. 
Esisto e quindi Sono.


Non è qualcosa di mentale, non è una risposta a qualcuno o qualcosa, non è niente che possa essere misurato, catalogato, osservato. 
E' sempre colui che Osserva, ma che non puoi mai essere visto, perchè E' colui che vede.
E' semplice, chiaro, accessibile ed è sempre presente.


Quella Presenza che in tanti cercano e con la quale si cerca di allinearsi, ma che è già lì, da sempre, di per sé, senza nessuna pretesa né sforzo.
Riconoscere di Essere e permanere in questo essere, in quanto essere, è la chiave del risveglio, se così si vuol definire.


E' difficile da capire? No.
E' difficile da fare? No.
E allora perchè semplicemente non lo si fa?


Perché l'essere umano non vuole essere libero dal fatto di credere fortemente di essere, di volta in volta, qualcosa o qualcuno, sebbene affermi il contrario.
Solo quando ne ha piene le scatole di essere qualcosa, qualsiasi cosa, perchè niente ha funzionato, si comincia ad arrendere e può cominciare a considerare questa ipotesi.


E allora, per tornare a dove siamo partiti, alla fine dei giochi, se "non sei ciò che vedi", cosa sei?


Sei, e basta.
Prova a entrarci dentro, in questo Essere. 
Deponi per un momento le armi, le tecniche, i metodi, le conoscenze, le pretese, le aspettative... 


E lasciati andare, rilassati, abbandonati... 

Nel Vero Te, che E'.



Ricorda: 
Se lo puoi osservare, non è Quello. 
Sprofonda, in chi sta osservando, proprio ora.
Tu Sei Quello.

Tu Sei.











domenica 8 novembre 2015

La Ricerca di Dio

“Porta la totalità del tuo essere alla sua soglia:


porta solo una parte,

e non avrai portato assolutamente nulla.”

(Hakim Sanai)




"La ricerca di Dio deve essere appassionata. Tra tutto ciò che hai ricercato finora – sei stato alla ricerca del denaro, del potere, del prestigio e di mille altre cose – Dio non è mai stato presente nel tuo lungo elenco di desideri. Ma anche se lo mettessi al primo posto di quella lista, anche in quel caso te lo lasceresti sfuggire. Dev'essere la tua unica ricerca. Tutti i tuoi desideri dovrebbero diventare un unico desiderio, tutti i tuoi desideri dovrebbero confluire, come fossero fiumi che si riversano nell'oceano. Dio dovrebbe diventare la tua unica ricerca; solo allora, e solo in quel caso, ecco la rivelazione.


Milioni di persone pensano a Dio, ma non riescono mai a penetrare quel mistero, non riescono mai ad avere un’esperienza reale di Dio. Come mai? Il motivo è semplice: Dio è solo un elemento sulla lista della loro spesa, è solo una delle varie cose… in realtà, quelle persone non sono veramente pronte a essere totalmente devote. E in questo mondo solo una devozione totale ha successo.


Anche nella tua comune vita mondana, quando vedi un grande poeta ne riconosci subito la totale devozione alla sua arte. Per questo è grande; la totalità porta a essere grandi. Tutta la sua vita ha un unico significato, un solo centro, e la sua esistenza ruota intorno a quel centro: la sua arte.


Quando vedi un Van Gogh o un Picasso, riconoscerai che tutta la sua vita non è altro che il suo dipingere. Pittori simili ci pensano, ci meditano, ci sognano, ne sono perennemente affascinati; neppure per un istante si scordano della loro pittura.


Se un pittore cammina per la strada, non vede i volti delle persone come semplici facce: pensa continuamente come dipingerle. Se guarda i fiori, non si limita a guardarli: tutto il suo interesse è come dipingerli. Perfino nei suoi sogni, un grande pittore che veda un sogno a colori vivissimi ha un pensiero che lo accompagna: come dipingerlo? Quel pensiero è il suo stesso respiro, ritma il battito stesso del suo cuore: è ciò che lo rende grande.



Anche nella vita comune, là dove la tua devozione è totale, consegui grandi talenti; dunque, che dire di Dio? Dio è il centro stesso dell’esistenza; puoi avere energia a sufficienza per raggiungerlo solo se metti in gioco tutto ciò che hai. E’ un gioco d’azzardo, non è una questione d’affari: devi rischiare tutto ciò che hai, in un modo o nell'altro, non importa ciò che accadrà. Devi metterti in gioco totalmente!


Inoltre, la storia d’amore con Dio deve essere appassionata, ardente. Non può ridursi a una fredda speculazione filosofica; ma è ciò che accade: molte persone pensano a Dio in modo estremamente freddo; ma Dio è la vita di tutta la vita, è la cosa più calda che ci sia nell'intera esistenza. Non lo potrai mai raggiungere se sei così freddo, così filosoficamente freddo.


Lo scienziato è estremamente freddo, il suo lavoro è uno sforzo libero da qualsiasi passione; fa parte del suo addestramento rimanere distaccato, restare in disparte, non coinvolgersi affatto, non farsi prendere dai suoi esperimenti, restare sempre un osservatore, un outsider, essere assolutamente gelido, analitico.


Il poeta non può essere altrettanto freddo, altrimenti la sua poesia sarà gelida, non avrà alcun respiro; non pulserà affatto di vita. Il poeta si deve coinvolgere.


E il mistico dev'essere coinvolto totalmente. Il poeta è coinvolto solo ogni tanto, per questo solo una volta di tanto in tanto è un poeta; nessun poeta lo è ventiquattrore su ventiquattro. Se lo fosse, sarebbe un mistico; in quel caso la poesia sarebbe la sua preghiera. Se un pittore fosse tale ventiquattrore al giorno, non avrebbe bisogno di un’altra meditazione, non dovrebbe andare in un altro tempio; si può dimenticare totalmente i Veda, le Bibbie e i Corani: ha trovato i suoi Veda, la sua Bibbia, il suo Corano; dipingere è l’essenza di tutto ciò. Se riesce ad essere caldo e appassionato nella sua pittura ventiquattrore al giorno, se può diventare qualcosa che circola in lui, una costante circolazione nel suo essere del tutto simile al sangue che scorre nelle sue vene, allora è un mistico.


Il poeta si appassiona solo una volta ogni tanto; poi ricade nello stato comune al mondo mondano fatto di freddi calcoli, di numeri e cifre; perde il filo della poesia. Ogni tanto quella finestra si schiude ed egli può vedere il sole e la luna e le stesse, ma solo ogni tanto.


Il mistico è un poeta ventiquattrore su ventiquattro. Ricordalo: se veramente vuoi conoscere cos'è il divino che è l’esistenza, dovrai essere assolutamente appassionato; non si tratta di una ricerca scientifica, è una storia d’amore. E’ una questione di vita o di morte; e di fatto non è solo una questione, è una ricerca… non è semplice curiosità, non è un’indagine intellettuale, è una sete esistenziale.


Pensa a un uomo perso in un deserto, assetato. La sua non è una realtà intellettuale: non si preoccupa di quali siano gli elemento che formano l’acqua. Se inizi a tenergli una conferenza senza fine su ciò che compone l’acqua, sulla sua formula chimica, se cerchi di spiegar glene la formula, se gli parli di molecole di idrogeno e di ossigeno, ti salterà addosso e ti ucciderà. Non ha alcun interesse filosofico, nessuna motivazione scientifica; vuole acqua: è una questione di vita e di morte. E tu parli di formule! Come lo potranno mai appagare, come potranno lenire la sua sete?


Allorché la ricerca è appassionata, nessun testo sacro ti può soddisfare. E la gente si accontenta delle scritture solo perché la loro ricerca è falsa, è una pseudo ricerca. Leggono le loro Gita ogni mattina, recitano il loro Corano, perché la loro ricerca è una finzione; se fosse reale, non si accontenterebbero di parole, farebbero qualcosa. Inizierebbero a cercare Dio. Sarebbero pronti a qualsiasi viaggio, per quanto remoto, affronterebbero qualsiasi pellegrinaggio. Sarebbero disposti a rischiare ogni loro sicurezza, ogni garanzia, ogni comodità, ogni convenienza, poiché in quel caso Dio sarebbe la loro unica vita".


- Osho Rajneesh





giovedì 5 novembre 2015

L'insegnamento di Sri Ramana Maharshi

La Natura del Sé

L'essenza degli insegnamenti di Sri Ramana è contenuta nelle sue frequenti asserzioni che c'è una singola realtà immanente direttamente sperimentata da tutti, che è simultaneamente la sorgente, la sostanza e la reale natura di tutto ciò che esiste. Egli le diede numerosi nomi differenti, esprimendo in ciascuno un differente aspetto della stessa indivisibile realtà. La seguente classificazione include tutti i suoi sinonimi più comuni e spiega le implicazioni dei vari termini impiegati.

1 Il Sé. Questo è il termine che egli ha usato più di frequente. Lo ha definito dicendo che il vero Sé o vero "Io", contrariamente all'esperienza percepibile, non è un'esperienza dell'individualità, ma una consapevolezza non personale, onnicomprensiva. Non deve essere confuso col sé individuale, che ha detto essere essenzialmente non esistente, essendo una costruzione della mente che oscura la vera esperienza del Sé reale. Egli asserì che il Sé reale è sempre presente e sempre sperimentato, ma enfatizzò che siamo realmente consapevoli di come è soltanto quando le tendenze autolimitanti della mente sono cessate. La permanente e continua consapevolezza del Sé è conosciuta come auto-realizzazione.

2 Sat-chit-ananda. Questo è un termine Sanscrito che viene tradotto come essere-coscienza-beatitudine. Sri Ramana insegno che il Sé e puro essere, una consapevolezza soggettiva di "Io sono" completamente priva del sentimento Io sono questo" o Io sono quello". Non ci sono soggetti od oggetti nel Sé, c'è soltanto la consapevolezza di essere. Poiché questa consapevolezza è conscia, è chiamata anche coscienza. L'esperienza diretta di questa coscienza è, secondo Sri Ramana, uno stato di ininterrotta felicità, cosi per descriverla viene usato anche il termine Ananda o beatitudine. Questi tre aspetti, essere, coscienza e beatitudine, sono sperimentati come un tutto unico e non come attributi separati del Sé. Sono inseparabili allo stesso modo in cui l'umidità, la trasparenza e la liquidità sono proprietà inseparabili dell'acqua.

3 Dio.  Sri Ramana affermò che l'universo è sostenuto dal potere del Sé. Poiché i teisti normalmente attribuiscono questo potere a Dio, egli usò spesso la parola Dio come sinonimo del Sé.
Allo stesso modo usò anche le parole Brahman, l'essere supremo dell'Induismo, e Shiva, un nome Indù per indicare Dio. Il Dio di Sri Ramana non è un Dio personale, è l'essere senza forma che sostiene l'universo. Non è il creatore dell'universo, l'universo è semplicemente una manifestazione del suo potere intrinseco; egli è inseparabile da esso, ma non è influenzato dalla sua apparizione o dalla sua scomparsa.

4 Il Cuore.  Parlando del Sé, Sri Ramana usò frequentemente la parola Sanscrita hridayam. Solitamente è tradotta come: "il Cuore", ma una traduzione più letterale sarebbe: "questo è il centro". Nell'usare questo termine particolare egli non implicava che ci fosse un particolare luogo o centro per il Sé, stava semplicemente indicando che il Sé è la sorgente da cui sí sono manifestate tutte le apparizioni.

5 Jnana.  L'esperienza del Sé a volte è chiamata jnana o conoscenza. Non si dovrebbe pensare che questo termine significhi che c'è una persona che ha la conoscenza del Sé, perché nello stato di consapevolezza del Sé non c'è un conoscitore localizzato e non c'è nulla di separato dal Sé che possa essere conosciuto.
La vera conoscenza o jnana non è un oggetto di esperienza, né la comprensione di uno stato differente e separato dal soggetto conoscitore; è una conoscenza conscia e diretta di quell'unica realtà in cui i soggetti e gli oggetti hanno cessato di esistere. Chi è stabilito in questo stato è conosciuto come jnani.
6 Turiya e Turyatita.  La filosofia Indù postula tre livelli di coscienza relativa che si alternano veglia, sogno e sonno profondo. Sri Ramana affermò che il Sé è la realtà base che sostiene l'apparizione degli altri tre stati temporanei. A causa di ciò, a volte chiamò il Sé turiya avastha, o il quarto stato. Occasionalmente utilizzò anche la parola turyatita che significa: "trascendente il quarto", per indicare che in realtà non ci sono quattro stati, ma soltanto un unico vero stato trascendente.

7 Altri termini. Sono degni di nota altri tre termini per indicare il Sé. Sri Ramana enfatizzò spesso che il Sé è il proprio reale e naturale stato d'essere e, per questa ragione, occasionalmente impiegò i termini sahaja sthiti, che significa "stato naturale", e swarupa, che significa "forma reale" o "natura reale". Egli usò anche la parola "silenzio" per indicare che il Sé è uno stato silente libero dal pensiero, di pace indisturbata e totale tranquillità.




D: Che cos'è la realtà?

R: La realtà dev'essere sempre reale. Non ha forme e nomi. Ciò che è alla base di questi è la realtà. E' alla base delle limitazioni, essendo in se stessa senza limiti. Non è vincolata. E' alla base delle irrealtà, essendo essa stessa reale. La realtà è ciò che è. E' come è, trascendente il linguaggio. E' al di là delle espressioni "esistenza, non esistenza", eccetera.

Solo la realtà, che è la semplice coscienza che rimane quando l'ignoranza viene distrutta insieme con la conoscenza degli oggetti, è il Sé (atman). In quella Brahma-swarupa (forma reale di Brahman), che è l'abbondante consapevolezza del Sé, non c'è la minima ignoranza. La realtà che risplende pienamente, senza miserie e senza un corpo, non soltanto quando il mondo è conosciuto, ma anche quando il mondo non è conosciuto, è la tua forma reale (nija-swarupa). Lo splendore della coscienza di beatitudine, nella forma di una consapevolezza che risplende ugualmente sia all'interno che all'esterno, è la suprema e beatifica realtà originale. La sua forma è il silenzio e dai jnani è dichiarata essere lo stato finale e non ostruibile della vera conoscenza (jnana).

Sappi che solo jnana è non-attaccamento; solo jnana è purezza; jnana è il conseguimento di Dio; solo jnana, che è priva di dimenticanza del Sé è immortalità; solo jnana è ogni cosa.

D: Che cos'è questa consapevolezza e come la si può ottenere?

R. Tu sei consapevolezza. Consapevolezza è un altro tuo nome. Poiché tu sei consapevolezza non c'è necessità di conseguirla o coltivarla. Tutto ciò che devi fare è rinunciare all'essere consapevole di altre cose, cioè del non-Sé. Se si rinuncia ad essere consapevoli di esse, allora rimane soltanto la pura consapevolezza, e quella è il Sé.

D: Se il Sé è consapevolezza, perché non ne sono consapevole anche ora?

R: Non c'è dualità. La tua conoscenza presente è dovuta all'ego ed è soltanto relativa. La conoscenza relativa richiede un soggetto ed un oggetto, laddove la consapevolezza del Sé è' assoluta e non richiede oggetto. Analogamente, anche il ricordo è relativo, richiedendo un oggetto da ricordare e un soggetto che ricordi. Quando non c'è dualità, chi ricorda e chi viene ricordato?

Il Sé è perennemente presente. Tutti vogliono conoscere il Sé. Di quale tipo di aiuto si ha bisogno per conoscere se stessi? Le persone vogliono vedere il Sé come qualcosa di nuovo. Ma esso è eterno e rimane lo stesso costantemente. Esse desiderano vederlo come una luce fiammeggiante, ecc. Come può essere così? Il Sé non è luce, né oscurità. E' soltanto così com'è. Non può essere definito. La migliore definizione è "io sono quello che sono". Le sruti (scritture) descrivono il Sé come avente la grandezza del proprio pollice, della punta di un capello, di una scintilla elettrica, vasto, più sottile del sottilissimo, ecc. Tutto questo in realtà non ha fondamento. E' soltanto essere, ma diverso dal reale e dall'irreale; è conoscenza, ma differente dalla conoscenza e dall'ignoranza. Come può essere definito? E' semplicemente essere.

D: Quando un uomo realizzerà il Sé, cosa vedrà?

R: Non c'è vedere. Il vedere è soltanto essere. Lo stato dell'autorealizzazione, così come lo chiamano, non è il conseguire qualcosa di nuovo o il raggiungere qualche meta lontana, ma è semplicemente essere quello che si è sempre stati e che sempre si sarà. Tutto ciò di cui avete bisogno è di abbandonare la vostra percezione del non-vero come vero. Tutti noi stiamo considerando reale quello che non è reale. Dobbiamo soltanto rinunciare a questa abitudine. E allora realizzeremo il Sé come Sé; in altre parole: "Sii il Sé". Ad un certo punto riderete di voi stessi per aver voluto cercare di scoprire il Sé che è così auto-evidente. Perciò, cosa possiamo rispondere a questa domanda? Quello stadio trascende sia colui che vede, sia ciò che è visto. Là non c'è veggente a vedere alcunché. Il veggente che ora sta vedendo tutto questo cessa di esistere e rimane soltanto il Sé.

D: Come conoscerlo per esperienza diretta?

R: Se parliamo di conoscere il Sé, ci devono essere due sé, un sé che conosce, un altro sé che è conosciuto ed il processo del conoscere. Lo stato che chiamiamo realizzazione è semplicemente essere se stessi, non conoscere o diventare qualcosa. Se ci si è realizzati, si è solo ciò che si è e si è sempre stati. Non si può descrivere quello stato. Si può solo esserlo. Naturalmente, parliamo in modo inesatto della realizzazione del Sé, in mancanza di un termine migliore. Come "realizzare" o rendere reale quello che soltanto è reale?

D: Qualche volta dici che il Sé è silenzio. Perché?

R: Per coloro che vivono il Sé come bellezza priva di pensiero, non c'è nulla a cui si dovrebbe pensare. Ciò a cui si dovrebbe aderire è solo l'esperienza del silenzio, perché in quello stato supremo non esiste nulla da conseguire al di fuori di se stessi.

D: Che cos'è mouna (silenzio)?

R: Mouna è lo stato che trascende la parola ed il pensiero. Quello che è, è mouna. Come si può spiegare mouna in parole? I saggi dicono che soltanto lo stato in cui il pensiero "Io" (l'ego) non sorge neanche in minima parte, è il Sé (swarupa) che è silenzio (mouna). Solo quel Sé silente è Dio; solo il Sé è il jiva (l'anima individuale). Solo il Sé è questo antico mondo. Tutte le altre conoscenze sono soltanto conoscenze insignificanti e superficiali; solo l'esperienza del silenzio è la reale e perfetta conoscenza. Sappi che le molte differenze oggettive non sono reali, ma semplici sovraimposizioni sul Sé, che è la forma della vera conoscenza.

D: Poiché possiamo osservare ovunque che i corpi ed i sé che li animano sono effettivamente innumerevoli, come si può affermare che il Sé e soltanto uno?

R: Se viene accettata l'idea "Io sono il corpo", i sé sono molteplici. Lo stato in cui questa idea svanisce è il Sé, poiché in quello stato non ci sono altri oggetti. E' per questa ragione che il Sé è considerato come uno soltanto. Poiché il corpo stesso non esiste nella prospettiva naturale del vero Sé, ma esiste soltanto nel modo di vedere estroverso della mente che è oscurata dal potere dell'illusione, chiamare dehi (il possessore del corpo) il Sé, lo spazio della coscienza, è errato. Il mondo non esiste senza il corpo, il corpo non esiste mai senza la mente, la mente non esiste mai senza coscienza e la coscienza non esiste mai senza la realtà. Per il saggio che ha conosciuto il Sé immergendosi all'interno di se stesso, non c'è nulla da conoscere al di fuori del Sé. Perché? La risposta è che poiché l'ego, che identifica la forma di un corpo come "io" è perito, egli (il saggio) è l'esistenza-coscienza senza forma. Il jnani (colui che ha realizzato il Sé) sa di essere il Sé e che nulla, né il suo corpo né nient'altro, esiste all'infuori del Sé. Per una tale persona quale differenza potrebbe comportare la presenza o l'assenza di un corpo?

E' falso parlare di realizzazione. Cosa c'è da realizzare? Il reale è com'è sempre. Noi non creiamo nulla di nuovo né raggiungiamo qualcosa che in precedenza non avevamo. L'esempio dato nei libri è questo. Scaviamo un pozzo e creiamo un'enorme buca. Lo spazio nella buca o il pozzo non è stato creato da noi. Noi abbiamo semplicemente rimosso la terra che riempiva lo spazio. Lo spazio era già là ed è là anche ora. Allo stesso modo dobbiamo semplicemente gettare via tutti gli eterni samskara (tendenze innate) che sono all'interno di noi. Quando saranno state abbandonate tutte, il Sé brillerà, solo.

D: Ma come fare questo e conseguire la liberazione?

R: La liberazione è la nostra stessa natura. Noi siamo quello. Il fatto stesso che desideriamo la liberazione mostra che la libertà da ogni schiavitù è la nostra vera natura. Non è qualcosa di nuovo da acquisire. Tutto ciò che è necessario è liberarsi della falsa nozione di essere vincolati. Quando raggiungeremo quello, non ci sarà nessun desiderio o pensiero di alcun tipo. Fino a che sì desidera la liberazione, fino ad allora, puoi crederci, si è in schiavitù.

D: Si dice che chi ha realizzato il suo Sé non ha i tre stati di veglia, sogno e sonno profondo. E'vero?

R: Cosa ti fa dire che non hanno i tre stati? Dicendo: "io ho avuto un sogno; io ero profondamente addormentato; io sono sveglio", devi ammettere che tu eri là in tutti i tre stati. Ciò rende chiaro che eri presente per tutto il tempo. Se rimani come sei ora, sei nello stato di veglia; questo viene nascosto nello stato di sogno; e lo stato di sogno scompare quando sei nel sonno profondo. Eri là allora, sei là ora, e sei là in ogni momento. I tre stati vanno e vengono, ma tu sei sempre presente. E' come al cinema. Lo schermo è sempre là, ma su di esso appaiono molti tipi di immagini e quindi scompaiono. Nulla si attacca allo schermo, esso rimane uno schermo. Allo stesso modo, tu rimani il tuo stesso Sé in tutti e tre gli stati.

Se conosci questo, i tre stati non ti daranno fastidio, proprio come le immagini che appaiono sullo schermo non si attaccano ad esso. Sullo schermo, qualche volta vedi un enorme oceano con onde senza fine; tutto ciò scompare. Un'altra volta vedi del fuoco che si propaga tutt'attorno; anche questo scompare. Lo schermo è presente in entrambe le occasioni. Forse che lo schermo è rimasto bagnato dall'acqua o bruciato dal fuoco? Nulla influenza lo schermo. Allo stesso modo, le cose che accadono durante gli stati di veglia, sogno e sonno non ti influenzano affatto, tu rimani il tuo proprio Sé.

D: Ciò significa che, sebbene le persone abbiano tutti i tre stati, veglia, soglio e sonno profondo, questi non le influenzano?

R: Sì, è cosi. Tutti questi stati vanno e vengono. Il Sé non è disturbato; ha soltanto uno stato.

D: Ciò significa che una tale persona sarà in questo mondo solamente come un testimone?

R: E' così; proprio per questa ragione, Vidyaranya, nel decimo capitolo del Panchadasi, dà come esempio la luce che è accesa sul palcoscenico di un teatro. Quando viene recitato un dramma, la luce illumina senza alcuna distinzione tutti gli attori, che siano re, servi o danzatori ed illumina anche tutto il pubblico. Quella luce sarà presente prima che il dramma cominci, durante la sua esecuzione ed anche quando la recitazione è terminata. Allo stesso modo, la luce interiore cioè il Sé, dona luce all'ego, all'intelletto, alla memoria e alla mente senza essere essa stessa soggetta ai processi di crescita e decadimento. Sebbene durante il sonno profondo e gli altri stati non ci sia la sensazione dell'ego quel Sé rimane senza attributi e continua a brillare da se stesso.

In realtà, l'idea del Sé come testimone è soltanto nella mente: non è la verità assoluta del Sé. La testimonianza è in relazione agli oggetti testimoniati. Sia il testimone che il suo oggetto sono creazioni mentali.

D: In che modo i tre stati di coscienza sono inferiori nel grado di realtà al quarto (turiya). Quale è l'effettiva relazione tra questi tre stati ed il quarto?

R: C'è soltanto uno stato, quello della coscienza o consapevolezza o esistenza.
I tre stati di veglia, sogno e sonno non possono essere reali. Essi semplicemente vanno e vengono. Il reale esisterà sempre. Solo I"'io" o esistenza che persiste in tutti i tre stati è reale. Gli altri tre non sono reali e cosi non è possibile dire che essi hanno un tale o tal altro grado di realtà. Possiamo metterla approssimativamente in questo modo. L'esistenza o coscienza è la sola realtà. Coscienza più veglia, la chiamiamo veglia. Coscienza più sonno la chiamiamo sonno. Coscienza più sogno la chiamiamo sogno. La coscienza è lo schermo su cui tutte le immagini vanno e vengono. Lo schermo è reale, le immagini sono semplici ombre su di esso. A causa della radicata abitudine che abbiamo di considerare questi stati come reali chiamiamo lo stato di semplice consapevolezza o coscienza "il quarto". Non c'è comunque alcun quarto stato; ma soltanto uno stato. Non c'è differenza tra lo stato di sogno e lo stato di veglia eccetto che il sogno è corto e la veglia lunga. Entrambi sono il risultato della mente. Poiché lo stato di veglia è lungo, immaginiamo che sia il nostro vero stato. Ma, in realtà, il nostro vero stato è il turiya o quarto stato, che è sempre così com'è e non sa nulla dei tre stati di veglia, sonno o sogno. Poiché chiamiamo questi tre avastha (stati) allora chiamiamo anche il quarto stato turiya avastha. Ma non è un avastha, è il vero e naturale stato del Sé. Quando questo è realizzato, veniamo a sapere che non è un turiya o quarto stato, poiché un quarto stato è soltanto relativo ma è turyatita, lo stato trascendente.

D: Perché questi tre stati dovrebbero andare e venire nello stato reale o sullo schermo del Sé?

R: Chi pone questa domanda? E' il Sé che dice che questi stati vanno e vengono? E' il veggente che dice che essi vanno e vengono. Il veggente ed il visto, insieme costituiscono la mente. Guarda se c'è una tal cosa come la mente. Allora la mente sì fonde nel Sé, e non c'è più né il veggente, né il visto. Così la reale risposta alla tua domanda è: "essi non vengono, né vanno". Solo il Sé rimane perennemente così com'è. I tre stati devono la loro esistenza alla non-indagine e l'indagine pone fine ad essi. Per quanto si possa spiegare, il fatto non diverrà chiaro finché non si consegue la realizzazione del Sé e ci si meraviglia di come si è stati ciechi cosi a lungo dell'unica ed autoevidente esistenza.

D: Quale è la differenza tra la mente ed il Sé?

R: Non c'è differenza. La mente rivolta all'interno è il Sé; rivolta all'esterno diventa l'ego e tutto il mondo. Il cotone intessuto in vari panni lo chiamiamo con vari nomi. L'oro forgiato in vari ornamenti lo chiamiamo con vari nomi. Ma tutti i panni o vestiti sono cotone e tutti gli ornamenti oro. L'uno è reale, i molti sono semplici nomi e forme. La mente non esiste separata dal Sé; cioè, essa non ha esistenza indipendente. Il Sé esiste senza la mente, la mente mai senza il Sé.

D: Brahman è detto essere sat-chit-ananda. Cosa significa?

R: Si. E' così. Ciò che è, è soltanto sat. Quello è chiamato Brahman. Lo splendore di sat è chit e la sua natura è ananda. Questi non sono differenti da sat. Tutti e tre assieme sono conosciuti come sat-chit-ananda.

D: Poiché il Sé è esistenza (sat) e coscienza (chit) quale è la ragione di descriverlo come differente dall'esistente e dal non-esistente, dal senziente e dall'insenziente?

R: Sebbene il Sé sia reale, poiché comprende ogni cosa non lascia spazio a questioni che implicano dualità circa la sua realtà o irrealtà. Perciò è detto essere differente dal reale e dall'irreale. Analogamente, anche se è coscienza, poiché per esso non c'è nulla da conoscere e nulla da cui farsi conoscere, è detto essere differente dal senziente e dall'insenziente.

Sat-chit-ananda si dice indichi che il Supremo non è asat (differente dall'essere), non è achit (differente dalla coscienza) e non è ananda (differente dalla felicità). Poiché siamo nel mondo fenomenico parliamo del Sé come sat-chit-ananda.

D: In che senso la felicità, o beatitudine (ananda), è la nostra vera natura?

R: La perfetta beatitudine è Brahman . La perfetta pace è del Sé. Esiste soltanto quello ed è coscienza. Ciò che viene chiamato felicità è solo la natura del Sé; il Sé non è altro che perfetta felicità. Ciò che è chiamato felicità è la sola esistenza. Sapendo ciò e dimorando nello stato del Sé, gioisci eternamente la beatitudine. Se un uomo pensa che la sua felicità sia dovuta a cause esterne ed ai suoi possessi, è ragionevole concludere che la sua felicità deve aumentare con l'aumentare dei possessi e diminuire in proporzione alla loro diminuzione. Perciò se egli è privo di possessi, la sua felicità dovrebbe essere nulla. Quale è la reale esperienza dell'uomo? E' conforme a questa visione?

Nel sonno profondo l'uomo è privo di possessi, incluso il suo stesso corpo. Invece di essere infelice è del tutto felice. Tutti desiderano dormire profondamente. La conclusione è che la felicità è inerente all'uomo e non è dovuta a cause esterne. Al fine di aprire il deposito della pura felicità si deve realizzare il Sé.

D: Sri Bhagavan parla del cuore come la sede della coscienza e come identico al Sé. Cosa significa esattamente il Cuore?

R: Chiamatelo con qualunque nome: Dio, Sé, Cuore o sede della coscienza, è la stessa cosa. Il punto da afferrare è questo: Cuore significa il vero nucleo del proprio essere, il centro, senza il quale non c'è nulla di nulla.

Il Cuore non è fisico, è spirituale. Hridayam equivale a hrit più ayam; ciò significa: "Questo è il centro". E' quello da cui sorgono i pensieri, sul quale sussistono e nel quale si dissolvono. I pensieri sono il contenuto della mente e formano l'universo. Il Cuore è il centro di tutto. Nelle Upanishad, quello da cui gli esseri vengono in esistenza è detto essere Brahman. Quello è il Cuore. Brahman è il Cuore.

D: Come realizzare il Cuore?

R: Non c'è nessuno che manchi di sperimentare il Sé neanche per un momento. Poíché nessuno ammette di essere separato dal Sé. Noi siamo il Sé. Il Sé è il Cuore. Il Cuore è il centro da cui sorge ogni cosa. Poiché vedi il mondo, il corpo e così via, si dice ci sia un centro per questi che è chiamato il Cuore. Quando sei nel Cuore, scopri che il Cuore non è il centro né la circonferenza. Non c'è nulla all'infuori di esso. Solo la coscienza, che è vera esistenza e non vaga all'esterno a conoscere quelle cose che sono diverse dal Sé, è il Cuore. Poiché la verità del Sé è conosciuta soltanto da quella coscienza, che è priva di attività, lo splendore della chiara conoscenza è soltanto quella coscienza che si occupa sempre esclusivamente del Sé. 




Indagine sul Sé - Pratica

Ai principianti dell'autoindagine veniva consigliato da Sri Ramana di porre l'attenzione sul sentimento interiore di "io" e di trattenere quel sentimento il più a lungo possibile. Veniva detto loro che se l'attenzione veniva distratta da altri pensieri dovevano tornare alla consapevolezza del pensiero "io" ogni volta che diventavano consapevoli che la loro attenzione aveva divagato. Egli suggerì diversi metodi per favorire questo processo - ci si poteva chiedere: "Chi sono io?", oppure: "Da dove viene questo io?"- ma lo scopo ultimo era di essere continuamente consapevoli dell'"io" che presume di essere responsabile di tutte le attività del corpo e della mente.

Nei primi stadi della pratica, I'attenzione al sentimento "io" è un'attività mentale che prende la forma di un pensiero o una percezione. Man mano che la pratica si sviluppa, il pensiero "io" lascia spazio ad un sentimento dell'"io" sperimentato soggettivamente e quando questo sentimento cessa di collegarsi e identificarsi con i pensieri e gli oggetti, svanisce completamente. Ciò che rimane è un'esperienza di essere in cui il senso dell'individualità ha temporaneamente cessato di funzionare. L'esperienza all'inizio può essere intermittente, ma con la pratica ripetuta diventa sempre più facile da raggiungere e mantenere. Quando l'autoindagine raggiunge questo livello c'è una consapevolezza senza sforzo di essere in cui lo sforzo individuale non è più possibile poiché l'"io" che compie lo sforzo ha temporaneamente cessato di esistere. Non è la realizzazione del Sé, perché il pensiero "io" periodicamente riafferma se stesso, ma è il più alto livello della pratica. La ripetuta esperienza di questo stato di essere indebolisce e distrugge le vasana (tendenze mentali) che fanno sorgere il pensiero "io", e quando la loro presa è stata sufficientemente indebolita, il potere del Sé distrugge le tendenze residue così completamente che il pensiero "io" non sorge mai più. Questo è il finale ed irreversibile stato della realizzazione del Sé.

Questa pratica di autoattenzione, o consapevolezza del pensiero "io", è una tecnica facile che supera gli usuali metodi repressivi per controllare la mente. Non è un esercizio di concentrazione, né mira a sopprimere i pensieri; fa semplicemente appello alla consapevolezza della sorgente da cui la mente ha origine. Il metodo e la meta dell'autoindagine è di dimorare sulla sorgente della mente, di essere consapevoli di ciò che si è realmente ritirando l'attenzione e l'interesse da ciò che non si è. Negli stadi iniziali lo sforzo nel trasferire l'attenzione dai pensieri al pensatore è essenziale, ma una volta che la consapevolezza del sentimento dell'"io" è stata fermamente stabilita, ulteriore sforzo è controproducente. Da allora è più un processo di essere che di fare, di essere senza sforzo piuttosto che uno sforzo per essere.

Essere ciò che già si è, è privo di sforzi poiché l'esistenza è sempre presente e sempre sperimentata. D'altra parte, pretendere di essere ciò che non si è (il corpo e la mente) richiede uno sforzo mentale continuo, anche se lo sforzo è quasi sempre ad un livello inconscio. Ne segue perciò che nei più elevati stadi dell'autoindagine lo sforzo allontana l'attenzione dall'esperienza dell'essere mentre la cessazione dello sforzo mentale la rivela. Alla fine il Sé non viene scoperto come risultato del fare qualcosa, ma soltanto essendo. Come Sri Ramana stesso una volta osservò:
"Non meditare-sii! "
"Non pensare di essere-sii!"
"Non pensare all'essere-tu sei!"

L'autoindagine non dovrebbe essere considerata una pratica di meditazione da eseguire a certe ore e in certe posizioni; dovrebbe continuare durante tutte le ore della veglia, indipendentemente da ciò che si sta facendo. Sri Ramana non vedeva conflitto tra il lavoro e l'autoindagine ed affermava che con un po' di pratica poteva essere eseguita in qualunque circostanza. Qualche volta affermò che periodi regolari di pratica formale erano benefici per i principianti, ma non patrocinò mai lunghi periodi di meditazione in posizione seduta e mostrò sempre la sua disapprovazione se qualcuno dei suoi devoti esprimeva il desiderio di abbandonare le attività mondane in favore di una vita meditativa.








domenica 25 ottobre 2015

Sull'illuminazione

Oggi voglio proporre un discorso un po' tecnico, forse per pochi, sul significato della parole: "Risveglio", "Realizzazione" e "Illuminazione" 
Sono termini molto usati ai giorni nostri in tema spirituale e talvolta, secondo me, anche un po' "abusati". 
Siccome le parole per me sono importanti, in quanto veicolano un senso, un significato e un'energia specifica, penso sia giusto chiarificarle e contestualizzarle con quanta più onestà - intellettuale e non - possibile. 
Non sono uno studioso accademico, né un pozzo di sapienza e conoscenza, né ho la verità in mano. Nel mio piccolo, provo a dare il mio contributo.

Ho passato anni cercando di capirci qualcosa, e poi a mettere in pratica quello che pensavo di aver capito. Se avete letto il post "La mia storia", poco sotto, già lo sapete. 
Lungo l'arco di questo processo, in un primo momento definire con precisione cosa indicassero queste misteriose parole mi risultò un poco ostico. Progressivamente, dopo un lungo lavoro di comparazione dei testi e di studio, ascoltando il mio sentire e l'intuizione, divenne tutto un po' più chiaro e giunsi alla mia personale decodificazione e comprensione.
Va detto e rimane che andiamo a trattare uno dei più grandi misteri dell'umanità, in senso spirituale. Il mio approccio è in questo senso assolutamente rispettoso e consapevole, nonché passabile di errore. 

 
Sulla parola "Illuminazione". 
Io ho sempre pensato che fosse il massimo risultato a livello spirituale raggiungibile sulla Terra, una parola da usare solo nel caso di un Vero Maestro, di quelli che hanno trasceso completamente le leggi della Terra per come noi le intendiamo. 
Si e no.
- No, perchè questa parola è usata in ambiti differenti, in contesti diversi, da tradizioni e scuole diverse. Ci sono diversi tipi di Illuminazione, diversi livelli e diversi tipi di conseguimenti, o realizzazioni. 
C'è il serio rischio di perdersi, e di non capirci più nulla. Chiedersi "si, ma io come faccio ad arrivare lì" e "che cos'è questo 'lì' " è assolutamente normale, soprattutto se vi interessate di diverse tradizioni spirituali. Non ce n'è una che sia uguale all'altra, anche se tutte parlano della stessa cosa.
Questo ci fa capire che l'illuminazione non è una, ma sono tante. Prima di tutto.

- Si, nel senso che nell'ambito delle due tradizioni con cui io ho personalmente ho avuto più affinità negli ultimi anni - Advaita Vedanta e Buddhismo Vajrayana - questa parola denota esattamente il massimo raggiungimento umano a livello spirituale, in particolare nella seconda.
Su questa pagina trovate un articolo di Giuseppe Baroetto, studioso e curatore di diversi importantissimi testi della linea tibetana, che spiega un po' come stanno le cose mettendo anche in discussione le argomentazioni usate da diversi insegnanti della corrente Non Duale dei giorni nostri.

Intendiamoci, a me piacciono Gangaji, Avasa, e tutti gli altri insegnanti moderni (anche se alcuni non li conosco) che vengono citati nel film documentario del quale viene fatta la recensione. E' molto utile e ispirante, spesso, quello che traspare dalle loro parole. Ma non è tutto qua. Questo è il punto che andremo a considerare.
Tutti questi maestri sono arrivati a un conseguimento importante, cioè la disidentificazione stabile dall'io personale, ma NON all'illuminazione come viene intesa dalle tradizioni spirituali più importanti e avanzate al mondo.

Per essere molto chiari, io penso che il buddhismo vajrayana (o tibetano) sia la tradizione che riassume tutta la scienza dello spirito e la porta al suo massimo compimento.
Il problema è che non è per tutti, sebbene comunque in molti la seguano.
Con lo sdoganamento dello Dzogchen (anche se non completo) e delle linee di Mahamudra degli ultimi anni, con molti maestri tibetani che vengono a insegnare in occidente, corsi, libri e quant'altro, abbiamo a disposizione la summa dell'insegnamento più elevato del buddhismo. Ma non è automatico che lo si riesca a far proprio.

Bisogna partire da dove si è, come mi piace dire. E capire anche cosa ci può essere utile, in questo momento.
Nella mia pagina, L'Unico Punto su facebook, cerco di fare un distillato di tutta questa conoscenza della varie tradizioni, operandone una sintesi che possa indicare il più possibile i punti da scardinare per trovare e riconoscere Chi Siamo. Cerco di portare delle chiavi di comprensione, che possano far aprire quell'unica porta che merita davvero tutta la nostra attenzione.
E' la stessa cosa che ho fatto lungo il mio percorso personale, andando a all'essenziale e oltre l'apparente sofisticazione, andando a "spremere" gli insegnamenti, attingendo quello che A ME sentivo serviva in quel momento, quello con cui risuonavo.
Cerco di fare qualcosa di simile, come attitudine, a quello che ha fatto Osho, con i suoi tremila libri su tutti gli argomenti delle più importanti tradizioni che trattano di illuminazione: una sincretizzazione e una sintesi dei punti specifici, che portino efficacemente e in maniera semplice alla corretta comprensione.
Osho allora era illuminato? Si, per come la potrebbe intendere una buona dozzina di tradizioni spirituali. Se vado però a chiedere a un maestro tibetano, probabilmente mi dirà che quella realizzata da Osho non è l'illuminazione finale.

I maestri tibetani, avevano (e hanno ancora presumo) uno strano modo per proclamare qualcuno illuminato: doveva dimostrare di essere in possesso dei segni della sua illuminazione e manifestare le siddhi (poteri spirituali o capacità paranormali) che dimostravano che era in possesso di tutte le sue facoltà latenti e al di là della materia.
Nei casi più eclatanti - avviene anche oggi se andate a cercare - certuni hanno realizzato il "corpo di arcobaleno", cioè il conseguimento massimo raggiungibile per un'anima sulla Terra. Questo tipo di realizzazione si classifica in 4 o 5 stadi: ai primi, il cadavere dell'interessato dopo la morte fisica si rimpicciolisce fino a diventare di poche decine di centimetri; questo è uno dei segni di una grande anima che si è illuminata.
Nel corpo di arcobaleno al suo stadio più elevato - quelli che ci sono arrivati nella storia documentata si contano sulle dita di una mano - il maestro può smaterializzarsi e può operare quella che si chiama "ascensione al cielo" con un corpo fisico. A qualcuno di voi sicuramente ricorderà gli insegnamenti dei Maestri Ascesi.
Questo per la tradizione tibetana.

Poi abbiamo i maestri di oggi, nella corrente Advaita o Non-dualità (in occidente), che hanno senza dubbio, secondo me, la comprensione di cui parlano. Ma che, a conti fatti, non sono ancora giunti alla realizzazione suprema così come decodificata dai grandi maestri della storia: Ramana Maharshi, Papaji e Nisargadatta, parlando solo di quelli recenti. L'articolo citato sopra parla un po' anche di questo.
Questa realizzazione non coincide con quella del buddhismo tibetano. Non ci sono corpi di arcobaleno nell'Advaita, tranne che per un'unica testimonianza del 1800 in India che ora dovrei andare a ripescare. Ma al di là di questo, sono due tipi di realizzazioni che sono e rimangono diverse.

Nell'Advaita, una volta trovato e stabilizzato l'Atman (cioè la Sorgente dell'Io), attraverso un metodo come ad esempio l'autoindagine (atma vichara), si ha la consumazione e il riassorbimento delle impressioni latenti (vasana), fino a che non si giunge allo stadio finale, dove dell'ego non rimane più alcuna traccia. A quel punto si parla di "Liberazione", o di "liberazione in vita" (jivanmuktiviveka).
Vi sono vari tipi di samadhi (l'unione del meditante con l'oggetto della meditazione, che è il Sè in questo caso) che si possono manifestare nell'aspirante, che riassunti dagli insegnamenti di Ramana Maharshi sono:


1) Sahaja nirvikalpa samadhi.
Questo è lo stato del 'jnani' (pronuncia: "jani"; colui che possiede la conoscenza dell'Assoluto, NdR) che ha definitivamente e irrevocabilmente eliminato il suo ego. 'Sahaja' significa “naturale” e 'nirvikalpa' significa “nessuna differenza”. Un jnani in questo stato è in grado di agire naturalmente nel mondo, proprio come fa qualunque ordinaria persona. Sapendo di essere il Sé, il 'sahaja jnani' non vede differenze fra sé e gli altri e nessuna differenza fra se stesso e il mondo. Per una tale persona, ogni cosa è una manifestazione dell'invisibile Sé.

2) Kevala nirvikalpa samadhi.
Questo è lo stato che precede la realizzazione del Sé. In questo stato c'è una consapevolezza del Sé temporanea, ma priva di sforzo; però l'ego non è stato eliminato definitivamente. E' caratterizzato da un'assenza di coscienza corporea. Sebbene in questo stato si abbia una temporanea consapevolezza del Sé, non si è in grado di percepire le informazioni sensoriali o di funzionare nel mondo. Quando la coscienza corporea torna, l'ego riappare.

3) Savikalpa samadhi.
In questo stato particolare, la consapevolezza del Sé viene mantenuta dallo sforzo costante. La continuità del samadhi dipende totalmente dallo sforzo compiuto per mantenerlo. Quando l'attenzione sul Sé vacilla, la consapevolezza del Sé viene a essere oscurata. 


(Per approfondire e avere una visione d'insieme vedi anche Che cos'è la Liberazione?)


Altri danno una classificazione differente, usando solo i termini "nirvikalpa" e "sahaja" come distinti.
Va da sè che se non si è in assorbimento nel Sè, non c'è nessun samadhi e nessuna liberazione, in quanto questi ultimi sono intimamente correlati.
L'unione con tutte le cose, tra soggetto e oggetto, è l'aspirazione più profonda dell'essere umano e prende anche il nome di Amore.
Quando si parla dell'aspetto incondizionato di Amore, si parla di questo. Possiamo accomunarlo al samadhi. 


Tale tipo di comprensione, fusione e consapevolezza si può situare nell'ambito del cammino dei dieci bhumi del bodhisattva nel Buddhismo Mahayana, cioè le "terre" o gli "stadi" che egli o ella deve attraversare nel suo percorso spirituale per divenire un buddha perfetto.

Sebbene si parli di realizzazione, livelli e quant'altro, che idealmente rappresenterebbero un obbiettivo di miglioramento o qualcosa su cui dover lavorare, in realtà non c'è niente di tutto ciò. Non nella forma che comunemente pensiamo. 
Tutte le vie sono "negative", nel senso che si tratta di togliere, più che di aggiungere. Lasciar andare sempre più strati di tensioni, pesantezze, credenze, pensieri ed emozioni; abbandonare e abbandonarsi, per arrivare a sprofondare direttamente nel Cuore, che è là dove dimora il Sè. 
Raggiungere il samadhi, significa morire a quello che si è o che si pensa di essere; per questo motivo non va proprio a genio, istintivamente, alla maggior parte delle persone. Superato questo scoglio più e più volte, si arriverà certamente a qualche risultato, se si persevera. Quello che si scopre infine sono una bellezza, una gioia e una pace mai provate, al di là di quello che può offrire il mondo intero.

Personalmente, parlo di "fine della ricerca", "realizzazione" o "risveglio", intendendo il riconoscimento del Sè e il distacco dall'ego. Quest'ultimo rimane inizialmente, sebbene in una forma completamente diversa e dilatata, dovuta al radicale cambiamento di prospettiva e punto di vista. La via e la vita però continuano, anche se non si tratta di un vero e proprio "andare avanti". N
on c'è più un andare verso o un realizzare, ma piuttosto un "approfondire".  Gli insegnanti e i maestri di oggi, indicano e si fanno portavoce proprio di questo conseguimento, che è forse il più importante verso l'illuminazione finale. Solo che in molti, in qualche modo, pensano che la cosa finisca lì, e questa convinzione pone un limite là dove non ci dovrebbe essere.

Per concludere, a mio parere, il Risveglio non coincide con l'Illuminazione, ma può essere definito uno stadio di Illuminazione. Sebbene questo termine vari da contesto a contesto, come già ampiamente spiegato lungo tutto l'arco del discorso, per quanto mi riguarda se ne può parlare solo in casi che rimangono rari.
Non che il Risveglio sia (ancora) così popolare. Sono in pochi a conseguirlo, ma aumenteranno in numero col passare del tempo, molto probabilmente.
Alla fine di tutto questo discorso molto tecnico, tenete comunque presente che tutto questo è alla portata di tutti quelli che ne riconoscono il senso e l'importanza per sè stessi e la propria vita, che lo sentono profondamente: si tratta solo di crederci e volerlo.
E semplificare, il più possibile. Questo anche per tagliare fuori un la mente ordinaria, che non serve allo scopo, se non in qualità di agente discriminante. 
Non c'è niente di difficile, si tratta soltanto di rischiare ad andare a una certa profondità, là dove quasi nessuno si spinge, per trovare il vero tesoro della saggezza nascosta, nel santuario del Cuore. 

Vi saluto con la versione "cosmica" della comprensione del processo di illuminazione. La citazione appartiene a un Maestro di quinta dimensione che ha già trasceso completamente la materia, molto tempo fa:

"La perfezione è uno stato dell'essere che si espande all'infinito. 
Non importa che grado di perfezione si raggiunga: c'è sempre un maggiore livello di apertura e di espansione.
Questo è ciò che rende magico il processo di illuminazione".
(Ahnahmar)
- Dai libri di Telos, di Aurelia Louise Jones







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Aggiornamento del 6 novembre:



Ho trovato questo articolo molto interessante, un dialogo tra Andrew Cohen e Ken wilber che espande ulteriormente il concetto e l'esperienza dell'Illuminazione. 

Lo trovate qui: 




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Qui potete trovare un articolo dove Adyashanti racconta la sua esperienza del Risveglio, suddividendola in tre diversi stadi. Una modalità insolita e atipica rispetto ai testi tradizionali, che può però gettare luce sui diversi risvolti e sull'esperienza diretta dello stato risvegliato.

   

venerdì 9 ottobre 2015

I discorsi del vecchio Cheng

Ho pubblicato questo testo perchè lo amo molto, da sempre, e sul web non si trova, o quasi nessuno ne parla.
E' un grande insegnamento che dice tutto, anche se con toni apparentemente "bruschi"... Ma per destarsi dal sonno, a volte la sveglia deve fare molto rumore :)
Spero vi piaccia e vi possa ispirare!
Buona lettura.

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LE PAROLE DEL VECCHIO CHENG

traduzione di ALIBERTH MENG





"Vedere la Mente Originale, è vedere che i pensieri siano presenti o meno, che si sia immobili o attivi, che si stia parlando o si stia in silenzio, che noi si sia un imperatore o un monaco, oppure senza famiglia né casa.

Ogni uomo è illuminato dalla Mente Originaria. Alcuni la vedono e molti altri la ignorano. Questa è la sola differenza tra essi.
Essere testimoni della Mente Originale, questo è l'unico valore della vostra esistenza. Se solo rimuovete il minimo, ricadrete subito nel caos e nel vortice senza fine di cause ed effetti".

* * *

Il Vecchio Cheng ha detto:
"Io, il Vecchio Cheng, non intervengo per mantenere, modificare o cambiare il corso degli eventi seguendo i desideri della mente individuale. Voi assicuratevi che non ci sia alcun sospetto, nessuna ribellione, ma solo l'atto richiesto. Se mi comporto con voi in un modo diverso, è perchè voi possiate, alla fine, vedere direttamente da voi stessi la mente originale, anziché cercarla costantemente per tramite di uomini morti o correndo dietro delle persone senza cervello come me.
Il mio metodo è, in effetti, quello di scuotervi come arbusti nel vento di montagna. Così, io rompo tutti i vostri sostegni, e voi siete lì, inermi, con nulla più su cui afferrarvi. Ma, dopo che io vi ho tolto tutto quello su cui potete aggrapparvi, così che siete pieni di paura, voi, per rassicurarvi, dite che io sto peccando contro la legge e le convenzioni, e che sono solo un vile bestemmiatore. Quindi, state aggrappandovi ancor più disperatamente alle apparenze e alle convenzioni, piuttosto che far sì che esse vi abbandonino da sole, cercando così di non trattenerle.

Poiché le mie parole non trovano eco in voi, io vi prendo in giro e vi dico che esse provengono da un uomo grande e famoso che è morto da secoli. Ma voi ancora non capite che esse vi riguardano direttamente ed immediatamente. Al contrario, voi le considerate come qualcosa di prezioso, buone da conservare e da coltivare. Teste rasate, attaccandovi a queste scempiaggini, state solo rovinando la vostra vita, e vi fate sfuggire l’evidenza della Mente Originale in voi. Che sventura per voi…"


* * *

"Stupidi, la Mente Originale non appare quando vi svegliate al mattino dopo il sonno e non scompare quando tornate a dormire nel sonno. La Mente Originale non è nulla ed è totalmente indipendente da ciò che cambia e muore.
Se la Mente Originale fosse davvero il vostro solo interesse, vedreste tutto quello che si deteriora e muore allo stesso modo in cui si percepiscono i movimenti che i ballerini imprimono ai loro stendardi, e vi decidereste a cercare costantemente ciò che, in voi, non si modifica, né muore, e una volta che l’avete trovato, non uno dei mille mondi potrebbe mai distrarvi, nemmeno per l’istante di un lampo nei vostri pensieri, né vi allontanereste in minima misura dal (conoscere) le vostre azioni.
Voi credete di poter aspirare alla Mente Originale ma, in realtà, voi state cercando nient’altro che la soddisfazione di uno stato di conoscenza o di merito. Così, o stolti, siete completamente affascinati da tutto ciò che, in voi e fuori di voi, non è affatto costante e quindi muore.
Ecco perché le parole del Vecchio Cheng vi oltrepassano senza lasciare traccia, come gli uccelli che non lasciano traccia nel cielo.
Teste rasate, tutto quello che voi pensate e dite sulla Mente Originale non è che l'errore e l’erranza della vostra gracile mente. A ciò che la natura vi offre spontaneamente, voi non rispondete che dopo aver interpretato tutto ciò che avete messo su un piedistallo aldisopra delle vostre teste.
Zucconi, essendo voi artificiali come i Draghi di cartone costruiti per le feste, come osate sperare di saper vedere la Mente Originale nella sua spontaneità?"


* * *

"Nella mia giovinezza, ho percorso interi paesi dandomi allo studio e alla pratica. Mi sono unito a quelli che non avevano compreso e che, immaginandosi di aver trovato la luce, non facevano nient’altro che portare anche gli altri a smarrirsi. Poi ho incontrato colui che mi ha permesso di vedere tutto il fango che mi portavo dietro. La via della verità mi è apparsa, e la Mente Originale è diventato il mio unico interesse. E, improvvisamente, un giorno tutto è sprofondato nella coscienza.
Io, il Vecchio Cheng, non imito né gli uni né l’altro. Non ho la fede, non sono un scuola di pensiero, non sono un discepolo di nessuno. Nella mia vera natura, non so nulla, non possiedo nulla, non sono nulla... perché non c’è che il vecchio Cheng! Normalmente, le cose di cui mi interesso semplicemente accadono, si estinguono da sole. La stessa mente originaria non mi riguarda più di tanto. Le parole che io dico non provengono da ciò che è appreso.

Zucche pelate, io non vi ho nascosto niente. Quali benefici ne avete ottenuto? Nient'altro che sciocchezze!"

Il vecchio Cheng uscì dalla sala…


* * *

Il vecchio Cheng disse…
"La Mente Originale è sempre stata lì davanti ai vostri occhi. Non avete bisogno di imparare qualcosa per vederla, perché non vi è mai mancato nulla per questo. Se voi non riuscite a vederla, è a causa del vostro incessante chiacchiericcio in voi stessi e con gli altri. Voi passate il vostro tempo in ipotesi, confrontando, facendo calcoli, sviluppando, spiegando, giustificando ed esprimendo ciò che le vostre menti insulse hanno trattenuto, pensando di aver capito le Scritture e le parole di stolti vecchi come me, dando la preferenza alle parole di coloro a cui, dopo la loro morte, è stata data l'autorità che li pone aldilà di ogni dubbio. In queste circostanze, come potete aspettarvi di vedere la mente originale nella sua immediatezza?
Idioti, poiché voi siete agitati come un branco di scimmie e trascorrete il vostro tempo in chiacchiere vane, la vostra esistenza scorre come un’acqua torbida e fangosa. Non c’è nessun sbocco per voi".

* * *

"Dire che la mente originale non è un puro ‘vuoto’, senza vera esistenza, non sono che mere parole. Riflettere sulla mente originale è il vostro veleno. Abbandonare questa idea e pensare alla mancanza di questo pensiero è il vostro veleno. Teste vuote, voi cercate sempre con il vostro pensiero, e non fate altro che fare pensieri. Pensare che la mente originale possa essere vista per mezzo del pensiero è la vostra sconfitta.
Bruciare incenso, recitare i sutra, sprecare il tempo stando prostrati a terra o concentrati per restare perfettamente calmi, correggere o eliminare il pensiero, è proprio lì che ci si perde. Stolti! Intervenite sempre e non fate altro che agire solo in questo modo. Sperare di vedere la mente originale in mezzo all’azione, questa è la vostra illusione.
Venerare il Buddha è un male (dell’attaccamento). Rifiutare il Buddha è un male (dell’empietà). Idioti, voi desiderate assolutamente esprimere sempre le emozioni e non fate che produrre le sensazioni. Credere che si possa vedere la mente originaria nel mezzo delle sensazioni, ecco il vostro errore.
Stolti idioti, siete convinti che arriverete a vedere la mente originale in questo modo. Ma siete voi, e solo voi, che alla fine troverete... mai, avete capito, mai la mente originaria può essere trovata in questo modo. Voi non arriverete mai a sentire le mie parole, perché desiderate restare sordi, e non sarete in grado di vedere la mente originaria, perché volete rimanere ciechi. Non c'è proprio speranza per voi".


* * *

"Quando considerate i pensieri degli altri come qualcosa di prezioso e sacro, e li imparate, li recitate e li trascrivete con grande attenzione e venerazione al fine di trasmetterli come un gran segreto, è ciò che io chiamo ‘essere incatenati nei pensieri’.
Quando voi coltivate i pensieri della vostra gracile mente, considerandoli come un qualcosa di raro, che merita di essere preservato, e dando libero sfogo ad una sconcia irritabilità se non sono rispettati o se un minimo errore è fatto nel ripeterli, io questo lo chiamo ‘essere incatenati dai pensieri’.
Quando i pensieri degli altri ed i vostri vi appaiono come le onde del mare che vanno e vengono, senza che nessuno di essi sia migliore o peggiore degli altri, e senza che nessuno di essi vi colpisca, ma voi vi aggrappate al solo pensiero di aver raggiunto uno stato di perfetta calma, ciò io lo chiamo ‘divagare nei i pensieri’.
Quando più alcun pensiero attirerà la vostra attenzione, perché siete interessati alla mente originale, e sorge l’idea che non c'è nulla da conservare e nulla da ottenere con il pensiero, è ciò che io chiamo ‘essere sulla soglia della mente originale’.
Essere nel non-tempo, non-luogo, non-forma, non-movimento e non-pensiero, e conoscere ciò che è percepito in assenza di qualsiasi percezione, è ciò che io chiamo ‘vedere la mente originaria’.
Quando avrete studiato tutte le scritture, e tutti i trattati di ogni patriarca, quando avrete incontrato tutti i risvegliati e avrete padronanza di tutte le pratiche e le forze misteriose, se non vedete la mente originaria, pur se siete diventati sommi nella spiritualità, nella santità e nella conoscenza, o stolti, la vostra vita sarà niente più che un banale passatempo".


* * *

"Per quanto riguarda le parole scritte su questo rotolo, che sto per leggere:
- Se vi dico che provengono dal Buddha, voi le considerereste come sacre, e sareste pieni di riverenza e timore;
- Se vi dico che provengono da Bodhidharma o da un gran patriarca, voi sareste pieni di ammirazione e rispetto;
- Se vi dico che provengono da un monaco sconosciuto, non sapreste cosa pensare, e sareste pieni di dubbi;
- Se vi dico che provengono da un monaco che stava nelle cucine, voi scoppiereste dal ridere, pensando che vi sto prendendo in giro.
Così, ciò che conta per voi NON è la verità portata da queste parole, ma solo l’importanza da dar loro secondo la reputazione di colui di cui si è detto che provengano. Siete incapaci di vedere da voi stessi in persona, ma siete capaci solo di sentire ciò che pensate che si debba sentire, e di pensare secondo l'opinione di coloro che avete messo su un piedistallo; vi ponete sempre sopra le cose, confondendole e falsificandole. Per questo siete incapaci di vedere la mente originale senza riferirvi ad una cosa o ad un’altra. Sciocchi, non siete altro che impostori e truffatori. Il vostro caso è senza speranza".
E il vecchio Cheng uscì dalla stanza.


* * *

Il vecchio Cheng così parlò:

"Voi avrete sentito dire che, per vedere la mente originale, la vostra mente ordinaria deve essere vuota. Perciò, vi sedete giù, rigidi come una canna di bambù, fissando il muro, con la lingua contro il palato, cercando di fermare i vostri pensieri. Allora arrivate ad una assenza di pensieri che prendete per la vacuità della mente originale. L’attimo dopo, l'agitazione della vostra mente insignificante si riavvia, come avviene quando si esce dal sonno. Nell’assenza di pensieri, qual è il vantaggio? E se voi venite colpiti da un lampo di luce, vi pavoneggiate come un puledro, dicendo a destra e a manca che avete visto la mente originale, che avete sperimentato qualcosa di straordinario, e che perciò siete stati molto privilegiati. Che vantaggio c'è ad essere colpiti come da un fulmine? Tutto questo non è che una bella ‘performance’, abbastanza valida solo per un circo. Teste rasate, se voi insistete nella vostra manìa e nella pretesa di voler ottenere e possedere una qualche cosa, la vostra causa è persa".


* * *

"Vedere lo mente originale è vedere che i pensieri siano presenti o no, che si è immobili o attivi, che si stia parlando come faccio io con voi o che si resti in silenzio, che si è un imperatore, un monaco, o un vagabondo. Quale valore c’è in tutto ciò?

Tra il Buddha e il ruvido monaco analfabeta che non può fare altro che tagliare la legna, ma che però vede la mente originaria, che differenza c'è? Non c’è una qualche specifica mente originale in Bodhidharma e un’altra specifica mente originaria nel vecchio Cheng, o in ciascuno di voi. Dovete sapere che la mente originaria è la mente originale. Niente altro si può dire, e anche questo è dire troppo.
Ciò che gli altri hanno detto circa la mente originaria e ciò che ne dico io, per voi non può essere di alcuna utilità, se non per esortarvi a vederla direttamente da voi stessi, senza ricorrere ad alcuna autorità, e senza trucchi. Tutto il resto non serve che a confondere la vostra visione e vi allontana dal solo problema che dovrebbe convivere insieme a voi, ovunque siate e qualunque cosa possiate fare: meditando, spazzando il cortile o soddisfacendo le vostre esigenze. Ma quando vedo ciò che voi fate delle parole dei patriarchi e delle mie, sarebbe stato meglio che i patriarchi fossero stati annegati al momento della nascita, ed io con loro. Idioti, voi avete contratto una malattia mortale".


* * *

Crani rasati, tutti voi e il mondo non siete nient’altro che i pensieri della mente individuale, poiché sia voi che il mondo entrambi scompaiono quando il sonno vi prende. Questo è vero anche per tutte le vecchie nozioni sbrindellate della vostra stupida mente che riguardano il Buddha, la Via e la mente originaria.
Una volta per tutte, comprendete l'inutilità dei vostri sforzi per penetrare l'impenetrabile tramite il pensiero e l’azione: è come se voleste tentare di catturare il vento. Ma se siete svincolati, pienamente disponibili alla mente originale, voi sarete direttamente scelti da essa.
Avendo sentito parlare del vuoto come la realizzazione suprema, voi cercate di raggiungerlo. E così cadete nel torpore e nell'insensibilità, che voi prendete per la ‘vacuità’ della mente originale.
Avendo sentito parlare dell'Assoluto come lo stato ultimo, voi immaginate che tutte le cose sono uguali e che non c’è nulla che meriti rispetto. Voi così cadete nel disinteresse e nell'anarchia che poi prendete per l'unità della mente originale.
Avendo sentito parlare della purezza come la completa felicità, lottate per ottenerla. E così cadete in un atteggiamento di intransigente rigidità che voi prendete per la trasparenza della mente originale.
Avendo sentito parlare del distacco come l'unica libertà, voi cercate di separarvi dal mondo e da voi-stessi. E così cadete nell'indifferenza, che prendete per l'indipendenza della mente originale.
Teste calve, è la mente originale che è considerata come vacuità, unità, trasparenza e indipendenza, e l’elemento della ruota dell'esistenza che voi siete non potrà mai avere nessuna di queste facoltà. Ma, se aveste visto la mente originale, voi sapreste che è essa la vostra vera natura, senza alcuna qualifica possibile, e che in realtà nessun nome può essere dato ad essa. Poi, sapreste anche che ciò che noi chiamiamo vacuità, assoluto, purezza, distacco, ed anche ‘mente originale’, non sono niente altro che parole, che esistono soltanto dal vostro punto di vista, e proprio a causa della vostra cecità e della vostra ignoranza. Stolti, il vostro desiderio di simulare lo mente originaria segna la vostra fine.


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"Per il fatto che siete diventati monaci, seguaci del Dharma del Buddha, e discepoli di un rinomato maestro, voi pensate di essere diversi dagli uomini mondani che voi considerate con condiscendenza. Siete così tanto ignoranti della mente originale come lo può essere solo l'erba dei campi".


* * *

"Voi siete molto preoccupati di sapere chi io sia, da quale ceppo parentale io provenga, di chi erano i miei maestri, da dove vengo, di quello che credo, e di molte altre cose tutte prive di vero interesse. Alcuni credono che se il maestro di questa dimora mi ha chiesto di parlarvi, io non posso essere altro che un risvegliato, ed altri, al contrario, pensano di aver davanti solo un vecchio pazzo scandaloso e insolente che dovrebbe essere buttato fuori perché non ha rispetto per i testi ed i saggi del passato, riveriti dalla tradizione, né per le parole e gli esseri del presente, esaltati per la loro gloria e la fama. Così, voi tenete solo allo sviluppo e all'apparenza delle cose e, per questo, non sarete mai in grado di percepire il vero uomo al vostro interno. Idioti, mettete del fango sui vostri occhi e poi vi lamentate di non riuscire a vedere".
Ed il vecchio Cheng se ne andò gesticolando molto.


Il vecchio Cheng tornò il giorno seguente e così parlò:
“Teste rasate, abbandonandovi completamente alla volontà ed ai capricci di un altro, che voi adorate al punto di fidarvi di lui in tutto, voi immaginate che il vostro atteggiamento è giusto, e che siete così, senza preoccupazioni e senza desiderio. In realtà, voi state solo comportandovi come scimmie molto giovani che non lasciano la mamma nemmeno per un attimo, disperatamente aggrappate a essa, per quanto sono impaurite. E, con il tempo, diventate come quegli alberi secchi che in inverno somigliano agli altri alberi, ma quando arriva la primavera e l'estate, non hanno foglie e non danno più frutti. In tale passività, come potete sperare di vedere la mente originaria? Teste liscie, voi siete già morti".


* * *

"Ogni essere umano è illuminato dalla mente originaria. Alcuni la vedono, altri la ignorano, questa è l'unica differenza tra di loro. Quanto a voi, teste rasate, siete come un uomo ubriaco che, all’esterno di un recinto, si appoggia a dei bastoni di bambù, gridando che è stato rinchiuso, che è innocente e implorando che lo si liberi…
Asini, nessun’altro che voi stessi vi tiene prigionieri. Che disastro siete!"


* * *

"Incapaci di vedere la mente originaria e, pertanto, di vivere da voi stessi, voi nascondete la vostra insignificanza rivestendo le spoglie altrui, che siano vivi o morti. Voi accumulate una serie di punti di vista e coltivate le sfumature, le differenze e le somiglianze. Così, vi pavoneggiate. Poiché abbagliate gli sciocchi con i vostri trucchi, vi considerate esseri illuminati.
Pezzi di…, non siete altro che palloni gonfiati e giocolieri di poco valore. Siete andati fuori strada per colpa vostra. La vostra malattia è incurabile.
Voi non avete bisogno di nessuno per poter vedere la luce del sole. Qualunque cosa gli altri possano dire al riguardo non vi serve a niente. Voi siete già nella luce. Essa scalda il vostro corpo, eppure non potete afferrarla e metterla in una scatola. Tutti i tentativi di possederla sono destinati al fallimento in anticipo. Non potete catturarla né liberarvi di essa. E’ già stato detto da questo vecchio chiacchierone e da altri prima di lui.
E' lo stesso per la mente originaria. Essa è sempre presente, luminosa come la luce del sole. Non la potete afferrare né potete disfarvene. Idioti, se non potete vederla, è a causa della spazzatura con cui avete riempito le vostre teste. Non potete vederla, perché siete totalmente presi dai vostri sforzi di volerla rinchiudere nei vostri pensieri, nei vostri culti e pratiche. Voi immaginate che stia lontano, ed essa è qui. Volete afferrarla, ed essa vi sfugge.
Se voi foste più semplici, non avreste bisogno che di aprire gli occhi per vederla, proprio come vedete la luce del sole. Non c'è bisogno di intervenire. Chi ha un granello di sabbia ha visto ogni granello di sabbia su qualsiasi spiaggia, e su ogni fondale marino del mondo. Se voi vedete la mente originaria, allora vedrete la mente originale nella sua interezza, e così siete Buddha.
Io sto qui davanti a voi, come un pezzo di legno che risuona. Non c'è nulla di degno o di importante in questo, perché essa non è mai venuta meno, né mai mancherà, fino all'ultimo uomo, di essere tale per risuonare allo stesso modo come il vecchio Cheng.
Però, ingenui, è una vostra sfortuna di essere sempre preoccupati solo per le apparenze e che qui voi vedete solo un blocco di legno risonante. Così, la mente originale in voi non trova quell'eco che vi farebbe improvvisamente realizzare che voi siete quella, e non siete mai stati differenti da quella".
E il vecchio Cheng si ritirò….

La sera seguente, il vecchio Cheng entrò e disse:
“Crani tosati, considerate come impostori tutti i patriarchi e tutti i chiacchieroni come me, poiché vi parlano di ciò che non possono né mostrarvi, né darvi. L'unico utilizzo che, forse, può esser dato loro è che essi ci dicono che ogni essere ha la natura di Buddha. Ma tocca a ciascuno di voi di cercarla da voi stessi, senza essere distratti da nulla, in modo da poterla vedere in un grande lampo di realtà. Zucconi, se lasciate che le parole e i giochi di prestigio dei patriarchi vi seducano, allora siete persi.
Stupidi, sperando di vedere la mente originale, avete accumulato un sacco di conoscenze all'interno delle vostre piccole menti, proprio come è accumulato e conservato il riso. Così facendo, non avete fatto altro che dissimulare la vostra ignoranza grazie ai termini appresi, tanto per discutere di giusto e sbagliato, di bene e male, di eterno ed effimero, del cielo e della terra, di tutti gli elementi sottili e grossolani che costituiscono l'uomo, della fondatezza dei meriti di vari sentieri e pratiche, del grado di illuminazione di tizio o caio, e di un gran numero di cose inutili, mostrando tutta la vostra incapacità di trovare il giusto atteggiamento. Stolti, il vostro vizio risiede nella vostra arrogante pretesa di voler misurare l'incommensurabile.
Se tra di voi vi sono quelli che, mentre mi ascoltano, sono colpiti da qualcosa di più grande e più profondo delle mie parole, e non da quella sorta di torpore beato, in cui tanti tra di voi si deliziano, immaginando così che essi sono tutt'uno con la mente originaria, ma che la vedono come una luce semplice, chiara e attiva, a costoro quindi io posso solo indicare loro la giusta direzione e mostrare loro la Via. Un giorno il loro guscio si romperà, cadrà all’improvviso, ed essi vedranno la raggiante bellezza del gioiello della mente originale.
In questo fatto, io non intervengo personalmente. Non sono che un passaggio per la mente originale, la cui presenza può essere avvertita da alcuni attraverso me, il vecchio Cheng, che però per gli altri sono come il guscio che ricopre un pietra preziosa. Ma allorché io vengo interrogato circa la mente originale, non posso che restare in silenzio, o rispondere negativamente. Quanto a colui che vede la mente originaria, egli non ha bisogno del vecchio Cheng".


* * *

"Se foste veri uomini, i vostri pensieri e le azioni sarebbero giusti, e di volta in volta vi adeguereste al loro scopo o finalità. Ma poiché siete incapaci di vedere la vostra natura di Buddha, coprite la vostra ignoranza copiando i pensieri, i comportamenti e gli atti di coloro che voi avete messo sul piedistallo. La vostra preoccupazione, imitando come scimmie ciò che gli altri pensano e fanno, è la nebbia che vi impedisce di vedere la mente originale. Asini, siete solo dei ladri e briganti. Senza alcuna speranza.
Teste calve, la vostra natura fondamentale non è affatto diversa da quella del Buddha. Non vi manca che la conoscenza di ciò, e senza ambiguità, solo di quello. Solo questo è ciò di cui avete bisogno e vi incoraggio a cercare di diventare ciò che non avete mai cessato di essere. Essere chiari nella mente originale è l'unico significato della vostra esistenza. E se soltanto ve ne allontanate un pò, cadrete immediatamente nell’errore e nel vortice infinito di causa ed effetto. Solo questo, è ciò che il vecchio Cheng insegna".
...e il vecchio Cheng uscì dalla stanza.


Il vecchio Cheng dichiarò:
“Crani pelati, il pensiero della mente originale non è che il riflesso di questa mente nel particolare, così come l'immagine della luna che è vista nell’acqua di uno stagno è un riflesso della luna stessa. La mente originale è sempre presente, immutata e non influenzata da quel tumulto dei vostri pensieri e atti, proprio come la luna rimane invariata ed inalterata, sia che l'acqua dello stagno sia chiara o fangosa, calma o agitata, o che lo stagno sia pieno o vuoto. In questi precisi casi, è solo l'immagine della luna che viene alterata o che è assente. Non c'e la vera luna nello stagno.
Teste calve, dovreste capire che con tutte le vostre invenzioni per ottenere la purezza, per acquisire il distacco e la libertà, smettendo di pensare ogni tre ore, e tutte le altre pratiche in cui vi esercitate in vista di catturare la mente originale, siete presi dalla vostra propria mente come un pesce nella rete, voi agite così stupidamente come se, per vedere direttamente la luna, puliste l'acqua nello stagno, ritirando le piante che la ricoprono, e costruendo una recinzione di bambù, in modo che il vento non disturbi la superficie dell'acqua, o svuotando lo stagno. Idioti, basterebbe vedere semplicemente che voi non fate altro che incatenarvi ai vostri stessi pensieri e alle vostre patetiche azioni".


* * *

"Asini, è a causa della vostra cecità che il vecchio Cheng vi parla della mente originaria e della mente individuale, come se ci si riferisse a due cose differenti. Per il vecchio Cheng, la mente originaria e la mente individuale, l'eterno e l'effimero, la saggezza e l'ignoranza, l’illuminazione e la cecità, nirvana e samsara, come pure i sutra, il sistema di leggi, tutti i corpi di trasformazione e lo stesso Buddha non sono nient’altro che un turbinoso vortice di pensieri, simile ad un mucchio di foglie morte che danno l'impressione di essere vive quando il vento invernale le solleva, ma che il momento successivo sono ancora una volta morte. Teste di legno, la vera natura degli esseri e delle cose non è superiore per coloro che la vedono, né è inferiore, per chi la ignora. Essa rimane inalterata, sia se viene conosciuta o se è sconosciuta, e malgrado tutto ciò che voi le sovraimponete. Voi, teste rasate, siete sempre liberi di andare verso la perdizione tramite le vostre distinzioni, sfumature e sottigliezze. Ecco, vi ho detto tutto".


* * *

"Teste rasate, il Buddha prima cercò la mente originale tramite la mente individuale. Egli scoprì che era una cosa vana. Il Buddha allora cercò la mente originaria tramite discipline e pratiche. Ancora una volta, egli vide che era cosa vana. Sotto l'albero della Bodhi, non aveva ancora trovato la mente originale, ma conobbe che la mente individuale e l'azione non erano in grado di dargli la visione della sua vera natura. Il Buddha allora smise di usare la mente individuale e l’azione, accettò la sua stessa ignoranza e riconobbe la sua impotenza a farla cessare.
Il Buddha allora restò stabile nel ‘non-sapere’ e in attesa, insensibile a qualsiasi cosa, immobile come un pezzo di legno morto, quando, alla vista della stella del mattino, la mente originale si illuminò.

Questa è l'esperienza del Buddha. Questo è l’esempio, e questa è la principale lezione che egli ci ha lasciato.
Ma tutti voi, seguaci del Buddha, cosa avete fatto? Avete preso possesso del Buddha, per fare della sua vita una leggenda sulla quale meravigliarvi, e per fare della sua persona un idolo per la vostra adorazione; voi vi siete riempiti la bocca con le parole del Buddha, per farne una cosa sacra da dover essere costantemente appresa, recitata e trascritta. Riguardo alla vita e le parole del Buddha, avete fondato un certo numero di scuole diverse, avete scritto innumerevoli trattati, e poi non avete mai smesso di straparlare e balbettare. Avete costruito templi ed eretto statue. Avete acceso incensi e fatto bruciare la canfora. Avete bloccato le credenze e stabilito dogmi, regole, discipline e pratiche.
Pezzi di…, siete caduti nella trappola della seduzione verso tutto ciò che il Buddha aveva riconosciuto come un errore che non può che far smarrire la retta via. In questo modo, avete costruito un muro alto come il cielo, ostacolando quella mente originale che voi desiderate ardentemente vedere.
Teste rasate, se persisterete nell’errore delle vostre idee, che totale fallimento sarà la vostra vita!"


* * *

"Ora, teste calve, ascoltatemi con grande attenzione. Io vi rivelerò questo grande segreto della mente originale. E’ la cosa più importante mai detta a tal riguardo... Eccolo: Non vi è alcun segreto circa la mente originale!".


E con una aggraziata piroetta, il Vecchio Cheng scomparve
e da allora nessuno ha mai più sentito parlare di lui.














NOTE

L’Origine: ‘I Discorsi di Master Cheng’ è un manoscritto Zen (Ch'an) di origine ignota, il segreto della realizzazione di sé o illuminazione, noto anche come ‘spirito originario’. Nel 1950, nell’ex Indocina (ora Cambogia), uno studioso Francese ha ricevuto questo testo su un rotolo di pergamena come dono da un monaco buddista. Gli fu detto che esso conteneva qualcosa di speciale scritto in Cinese, e il testo gli fu consegnato più o meno ufficialmente. Non appena ne ebbe l'opportunità, egli lo tradusse in Francese e con sua grande sorpresa apparve questo testo Ch'an sul Vecchio Cheng. Jean Klein, maestro della tradizione Advaita Vedanta, lo pubblicò la prima volta nel 1974. Wolter Keers, che ha introdotto il Vedanta in Olanda, lo dette ad Alexander Smit (1948-1998), il più rinomato maestro spirituale nei Paesi Bassi, nel 1985. Entrambi furono lieti per esso, perché… "Il testo aveva un respiro di libertà, audacia e immediatezza".La prima delle tre pubblicazioni su Master Cheng è una raccolta liberamente riveduta di tre testi: quello francese 'Propos du vieux Tcheng' ('Words from Old Cheng') che apparve nel 1974 (in una rivista a cura di Jean Klein), la traduzione olandese riveduta dal francese da Wolter A. Keers: 'De woorden van de Oude Cheng', pubblicata nel 1985, e il libro ''Het Onmiddellijke Zien' di Alexander Smit, ‘Conversazioni sulle parole del Vecchio Cheng, compilato a cura di Belle Bruins. Il contenuto del libro tratta di Master Cheng che è invitato dall'abate di un monastero Buddista, lontano sulle montagne, per parlare davanti all'intera comunità di monaci. In modo diretto, divertente e appassionato, il Vecchio Cheng punta direttamente alla vera realizzazione della Mente (Esprit) Originale, nota anche come illuminazione. Senza compromessi, egli non risparmia nulla e nessuno. Dopo aver scosso le fondamenta stesse del monastero, egli fa i bagagli, se ne va  e scompare. L’approccio spirituale di Master Cheng è pienamente in linea con la tradizione Advaita-Vedanta di Sri Nisargadatta Maharaj e con la visione Ch’an dei Patriarchi Cinesi.

(tratto dalla versione Inglese: “Sayings of Old Man Tcheng” che si trova ne “The Book of Listening” di Jean Klein -Non-Duality Press, UK, 2008Tradotto in Francese da Jean-Marc Mantel  col titolo “Les Propos du Vieux Tcheng”, p. 47-61 Rivisto da Marion & Veronica - © Non-Duality Press, 2009 - L’Edizione Originale Inglese: ‘Master Tcheng, ‘A Finger Pointing to the Moon in the Sky. Part I: The Open Secret of the Original Spirit’, December 2009. ISBN 9789089320322)

Fonte originale internet: http://www.centronirvana.it/articolichanzen80.htm (link non più attivo)